Bitcoin e criptovalute, tutto quello che c’è da sapere

27 Dicembre 2021
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Un tema che negli ultimi tempi è esploso in modo fragoroso e che è diventato oggi di pubblico dominio, al punto che anche governi e banche di affari stanno iniziando a valutare come trattarlo a livello normativo. Si parla di criptovalute, monete virtuali che sono nate inizialmente per essere strumenti di pagamento da utilizzare in rete e che nel corso del tempo si sono trasformate in asset sui quali investire.
Gran parte del merito di questa tendenza è da ascriversi al Bitcoin, la criptovaluta più nota oltre che la prima ad aver fatto la propria comparsa sul web, nel 2009. Oggi BTC (sigla del Bitcoin) ha raggiunto quotazioni da record, oltre 60mila dollari, quando ai suoi albori i fortunati (e lungimiranti) che vi avevano puntato si sono potuti portare a casa Bitcoin pagandoli pochi centesimi di euro.

Ad oggi sono oltre 6mila le criptovalute presenti sul mercato: nessuna è ancora riuscita a ripercorrere l’ascesa incredibile registrata dal Bitcoin, che resta la valuta digitale per eccellenza e che oggi registra una penetrazione a livello social di non poco conto.

2021: anno della proliferazione delle criptovalute

Il 2021 passerà alla storia come l’anno che ha segnato la diffusione delle monete digitali a livello globale, portandole all’attenzione dell’opinione pubblica: a conferma di questo vi è il dato diffuso dalla ChainAnalysis che certifica come tra la fine del 2019 e la metà del 2021 l’utilizzo delle criptovalute sia aumentato del +2500% a livello globale. E sono stati in particolare i primi 6 mesi del 2021 ad aver registrato numeri da record.
Ad essere in cima alla classifica delle nazioni con maggior penetrazione ci sono le economie emergenti: al primo posto il Vietnam, seguito da India, Pakistan, Ucraina, Kenya, Nigeria, Venezuela. Paradossalmente le realtà più industrializzate e ricche stentano ad emergere in questa particolare classifica.

Criptovalute e blockchain

Le criptovalute sono legate a doppio filo alla tecnologia blockchain: si parla di una tecnologia estremamente sicura per trasmettere ed archiviare informazioni tramite la rete. La blockchain è una sorta di database decentralizzato, un po’ un libro contabile virtuale all’interno del quale possono essere trascritte informazioni.
Spesso per errore si parla di blockchain come di un qualcosa riguardante esclusivamente le criptovalute: in realtà la tecnologia blockchain può essere utilizzata in tanti campi, quello delle monete digitali è uno dei più noti. Grazie alla tecnologia blockchain è possibile registrare le transazioni che vengono eseguite tramite Bitcoin e criptovalute in generale: il grande vantaggio è dato dal fatto che questo ‘libro contabile digitale’ è condiviso solo tra utenti, non vi è quindi una autorità superiore a decidere o supervisionare.

Prospettive future

Secondo molti analisti, proprio per questa loro crescita esponenziale e per l’interesse anche a livello di investimento, il 2022 potrebbe essere l’anno della regolamentazione definitiva delle criptovalute: quando si tocca questo tema si fa sempre riferimento ai rischi delle monete digitali, al loro sfuggire ad una normativa precisa in quanto in una zona d’ombra.
Ora dovrebbe essere arrivato il momento di una presa di coscienza della portata del tema con conseguente volontà di dargli confini delineati e precisi. È questa d’altra parte la criticità che ancora viene evidenziata quando si parla di investire in Bitcoin e criptovalute: la mancanza di sicurezza legata proprio alla carenza di una normativa armonizzata.
Gli stati si muovono ancora in ordine sparso, negli Usa il 2022 potrebbe ad esempio essere l’anno della regolamentazione definitiva mentre in India e in Cina le criptovalute sono state messe al bando. Un panorama disomogeneo che certifica la necessità di regole condivise a livello globale.

Criptovalute: la fiscalità in Italia

In applicazione dell’art. 4 del DL 167/90, le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate che, nel periodo d’imposta, detengono, oppure possiedono la titolarità effettiva, di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nel quadro RW della dichiarazione annuale dei redditi.

Le attività estere di natura finanziaria che devono essere indicate, sono tutte le consistenze possedute all’estero direttamente o indirettamente a prescindere dal loro ammontare e sono oggetto di segnalazione all’interno del quadro RW.

L’unica eccezione a questo principio è rappresentata dai depositi e dai conti correnti esteri, i quali possono non essere dichiarati se complessivamente di importo inferiore a 15.000 euro.
Le istruzioni al modello REDDITI precisano che anche le valute virtuali (tra cui vi sono le criptovalute e i bitcoin) devono essere indicate nel quadro RW.

In merito, si ricorda che l’art. 1, comma 2, lett. qq), del DLgs. 231/2007 definisce valuta virtuale “la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.
In sostanza, in base a tale definizione, il legislatore:
– riconosce l’utilizzo delle valute virtuali come strumento di pagamento alternativo a quelli tradizionalmente utilizzati nello scambio di beni e servizi;
– definisce tale “strumento di pagamento” quale “rappresentazione digitale di valore”, “trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.

I bitcoin in dichiarazione dei redditi

Le istruzioni ai modelli dichiarativi indicano che la criptovaluta debba essere segnalata all’interno del quadro RW nella colonna 3 (codice individuazione bene) con il codice “14” denominato “Altre attività estere di natura finanziaria” che da quest’anno richiama anche le “valute virtuali”.
Inoltre, le istruzioni chiariscono che il codice dello Stato estero (colonna 4) non è obbligatorio nel caso di compilazione del quadro RW per dichiarare “valute virtuali”.

Il controvalore in euro della valuta virtuale detenuta al 31 dicembre del periodo di riferimento deve essere determinato al cambio indicato a tale data sul sito dove il contribuente ha acquistato la valuta virtuale. Negli anni successivi, il contribuente dovrà indicare il controvalore detenuto alla fine di ciascun anno o alla data di vendita nel caso di valuta virtuale vendute in corso d’anno.
Inoltre, si conferma che le valute virtuali non sono soggette all’IVAFE.

Imponibili le plusvalenze su bitcoin

Secondo quanto chiarito nell’interpello DRE Lombardia n. 956-39/2018, per le persone fisiche che detengono bitcoin (o altre valute virtuali) al di fuori dell’attività d’impresa, alle operazioni di conversione di valuta virtuale si applicano ai fini delle imposte sui redditi i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali.

Pertanto, le cessioni a pronti di valuta virtuale non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa salvo generare un reddito diverso qualora la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi ex art. 67 comma 1 lett. c-ter) del TUIR (in senso conforme, si segnala anche l’interpello DRE Liguria n. 903-47/2018).

(Fonte: Eutekne – Il Sole 24ore – istruzioni ministeriali)

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